fotografo e video maker
Stefano, hai al tuo attivo una serie di esperienze professionali e di vita importanti. Cosa ti hanno dato, in questi anni, a livello umano?
"Sono state tutte belle sfide che mi hanno fatto maturare come uomo e come professionista dell'immagine. Il corpo dei Vigili del Fuoco mi ha insegnato ad essere sempre pronto ad aiutare gli altri, lo sport ad affrontare con impegno le sfide, superare i miei limiti e anche accettare le sconfitte".
Hai iniziato con la macchina fotografica e sei approdato alla telecamera. Perché questo cambio?
"Nel 1998 ho proposto alla sede Rai di Torino un progetto che è poi diventato Il pullman del sole, un video documentario prodotto da Rai TV sul viaggio degli immigrati marocchini residenti a Torino di ritorno a casa. Da allora, la svolta. Sono passato dall'immagine fissa a quella in movimento e oggi mi sento un film maker perché in pochi minuti costruisco la narrazione di un servizio per il TG3".
Oltre al telegiornale, continui con i tuoi progetti personali. Ce li racconti?
"Con Gianfranco Bianco, che considero il mio mentore, ho realizzato tre film dei quali due come co-autore insieme a lui e a Paolo Girola. Ho prodotto anche Maledetto G8, video allegato al settimanale l'Espresso, Primavera Libanese, una rivoluzione pacifica che è un reportage a Beirut e nella Valle della Bekaa dopo l'omicidio del Primo Ministro Hariri e ancora Verso le Olimpiadi di Torino 2006, un lungometraggio sulla preparazione psico-fisica della Nazionale Italiana di sci di fondo".
Parliamo di Shlomo. La terra perduta?
"Si tratta di un film inchiesta che ho realizzato nel 2012 con Matteo Spicuglia sulla più antica minoranza cristiana in Medio Oriente. Raccontiamo di Tur Abdin, nella Turchia profonda, dove risiede una comunità di 2500 Armeni, popolo antichissimo e testimone del cristianesimo dei primi secoli in Islam. Shlomo è il loro saluto di pace, il saluto di una comunità che oggi rischia di essere straniera in patria".
Un altro lavoro interessante è Benvenuto Mister Zimmerman.
"Il cortometraggio descrive l'arrivo di Bob Dylan a Barolo per il festival Collisioni del 2012. Con Davide Mazzocco siamo stati in questo paese delle Langhe, dove la vita scorre al ritmo della campagna e della natura, per documentare come questo borgo si preparasse ad accogliere una leggenda della musica. L'aspetto più interessante è stato raccogliere le testimonianze degli anziani, che descrivevano le feste di paese e la vita di un tempo. L'attesa di Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, nella sua unica data italiana di quell'anno, è stata l'occasione per descrivere in immagini lo spirito del luogo e ricordare a noi e agli spettatori cosa vuol dire fare sacrifici, vivere di ciò che si produce o si coltiva, crescere, amare e invecchiare in un paese lontano dalla frenesia della grande città e della tecnologia che, per una volta, diventa protagonista di un evento dal richiamo mediatico".
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